Crisi, l’economista Sinn: “La Bce non estenda il suo mandato salvando le banche”

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Hans-Werner Sinn
www.adnkronos.com, 30.05.2014

“Con il Quantitative Easing la BCE acquisterebbe gli asset a rischio che le banche hanno nei loro bilanci. Ciò equivarrebbe a un salvataggio degli istituti: ma gli interventi di bail-out non sono nel mandato della Bce, anche se formulati come scelte di politica monetaria”.

E’ netto il giudizio di Hans-Werner Sinn, uno degli economisti tedeschi più stimati, presidente dell’Ifo, il principale istituto di ricerca congiunturale tedesco. In linea con le posizioni della Bundesbank Sinn dà voce a quell’establishment tedesco che, in vista del Consiglio direttivo di giovedì prossimo, invita la Bce a non estendere il proprio raggio di azione con l’acquisto di titoli in stile Fed.

“Il problema - sottolinea - è che l’euro ha tolto competitività alla Francia e all’Europa meridionale, che ora non possono recuperarla con le svalutazioni. In questo modo si è creata disoccupazione che i governi vogliono compensare aumentando i deficit. Ma questo può avvenire solo se il rimborso del debito pubblico è garantito dalla BCE o dai fondi salva-Stato, altrimenti i tassi di interesse sarebbero troppo elevati”. “Ma i paesi nordici si oppongono a questa mutualizzazione del debito - ricorda - perche’ aumentare i deficit non è una soluzione: allevia il dolore nel breve periodo e acuisce i problemi dell’Europa nel lungo periodo, oltre a minare gli sforzi per le riforme condotte nei diversi paesi”. “Eliminare i vincoli di bilancio non e’ una soluzione ai problemi dei paesi del fronte sud dell’Europa”, aggiunge l’economista. Nello scenario del dopo voto, Sinn vede - sul fronte dell’imprenditoria tedesca - “una probabile richiesta di continuita’ al governo della cancelliera Merkel” per mantenere il trend attuale di crescita dell’economia. Anche se, aggiunge, “vi inviterei a non sopravvalutare la forza economica della Germania: quando l’euro fu annunciato, al vertice di Madrid del 1995, il pil pro-capite della Germania era il secondo tra i paesi ora nell’Eurozona, oggi è il settimo”.

Quanto all’Italia, spiega l’economista, per “recuperare competitività non vi serve stimolare la domanda interna (anzi, è la cosa di cui avete meno bisogno) ma di aumentare la politica dell’offerta, rendendo il mercato del lavoro più flessibile. Certo, sono politiche dolorose, ma funzionano come dimostra il fatto che noi in Germania abbiamo varato queste riforme dieci anni fa, quando vivevamo la ‘nostra’ crisi dell’euro”. Lo scenario post-elettorale, riconosce il presidente dell’Ifo, non rende agevole il compito di chi dovrà ridisegnare l’Unione di domani: “Un ripensamento dell’Europa è sicuramente positivo, ma il voto ha mostrato ad esempio che in Francia e Gran Bretagna l’elettorato vuole ‘meno Europa’ mentre in Italia ha vinto il partito che chiede ‘più Europa’ perlomeno nel senso di una maggiore condivisione del credito. E‘ molto difficile trovare un compromesso tra queste opinioni”. In vista anche del semestre di presidenza italiana dell’Ue Sinn non esclude comunque anche un rafforzamento della collaborazione Roma-Berlino: “Italia e Germania sono membri fondatori dell’UE, i loro governi dovrebbero sedersi insieme intorno a un tavolo per una soluzione comune” ai problemi dell’Europa. Anche se, ribadisce, “trovarla sarà tutt’altro che facile”.